Non vogliamo né fare della retorica sulle band da scantinato, né fare pubblicità al noto programmino di editing e composizione: il punto è che i romani EilDentroeilFuorieilBox84 prendono il loro nome proprio da un box (indovinate quale numero lo identifica?) nel quale tuttora si trovano a suonare. E mica solo a suonare.
Abbiamo colto Giuseppe al telefono in un autogrill sulla strada per Bologna, poche ore prima del live all’Arteria di venerdì 9 (ne vedete un estratto qua sotto): il musicista ci ha raccontato la storia di una band che non è fatta solo di prove, ma anche di un sacco di riflessioni, discussioni e confronti. Una band concettuale? Diciamo che comunque l’ultimo La fine del potere è coerentemente incentrato su un tema ben preciso. Ma lasciamo che sia Giuseppe a dirci di che si tratta!
Rimaniamo anche oggi sul ponte che va dalla musica indipendente italiana degli anni ’90 all’oggi, grazie a un concerto tenutosi nello stesso giorno di quello dei Disciplinatha, di cui vi abbiamo parlato ieri. Al Locomotiv Club, infatti, venerdì 9 sono arrivati i Marlene Kuntz, per una tappa di un tour che riporta la band ai suoni più elettrici degli inizi in contesti live più piccoli del solito.
Cristiano Godano, poche ore prima del bel concerto tenuto in via Serlio, ha parlato a lungo ai nostri microfoni, raccontando sia i Marlene di oggi che quelli di ieri, con una prospettiva inedita e originale sui metodi, brani e tempi di allora. Un’intervista davvero “di cuore”, che sorprenderà anche chi conosce bene e segue da anni la band piemontese.
Il 9 novembre scorso, all’interno dell’edizione 2012 del Moonlight Festival, è apparsa una delle band più originali e controverse degli anni ’90, a 25 anni dalla sua formazione e a 15 dalle ultime pubblicazioni e apparizioni: stiamo parlando dei Disciplinatha, che hanno appena fatto uscire il cofanetto antologico Tesori della patria, che contiene tutta ma proprio tutta la loro produzione, compreso un documentario sulla storia della band.
Il giorno prima del live abbiamo parlato con Cristiano Santini, voce e chitarra: ci ha raccontato sia del concerto in Zona Roveri che del passato dei Disciplinatha. Un modo per ricordare non solo l’incrocio di musiche (dal punk al rock all’industriale) che ha caratterizzato il suono della band, ma anche quella decade caratterizzata dalla nascita di nuove band ed etichette, una su tutte quella del Consorzio Produttori indipendenti. Godetevi l’intervista e tornate su questo sito domani, dove parleremo dello stesso Consorzio e di quel periodo… con un altro Cristiano.
La band belga Balthazar è uscita quest’anno con un disco davvero convincente: Rats, che segue di due anni l’esordio Applause è un album interessante che presenta suoni e arrangiamenti di certo riconducibili a qualche forma di folk, ma con originalità.
Abbiamo colto Maarten Devoldere al telefono, appena arrivato a Zurigo per una delle tappe elvetiche del tour che li porta in Italia oggi a Roma e domani al Bronson di Ravenna. Il musicista ci ha rivelato che Rats è un disco pensato per essere ascoltato dall’inizio alla fine, per quanto anche le singole canzoni siano più che godibili presa una ad una. “Siamo una band vecchia scuola“, si è quasi giustificato al telefono, per distanziare i suoi da un’epoca in cui “l’ascoltatore non ha molta pazienza.”
Oltre alla chiacchierata, anche il brano che Maarten ha scelto dalla scaletta dell’album, introducendolo con aneddoti sulla sua produzione.
Poco prima dello splendido concerto di ieri all’Estragon, siamo riusciti a raggiungere al telefono metà di una delle band che gli ascoltatori della nostra radio amano di più da due decenni: abbiamo parlato, insomma, con Joey Burns dei Calexico, quasi quattro anni dopo la “prima volta”.
La band ha fatto uscire da un paio di mesi l’ultimo disco Algiers, che è stato al centro dell’intervista, dove però non si è parlato solo di musica, ma anche di viaggio e della ricerca di sé, un tema ricorrente nelle nuove composizioni. Insomma, una di quelle chiacchierate davvero speciali, che possono fare emozionare anche il conduttore, tanto da farlo dimenticare di tradurre immediatamente l’introduzione che Burns ha fatto al brano scelto per salutarci: Fortune Teller, scritta nella chiesa abbandonata di New Orleans dove è stato registrato il disco, racconta di persone che cercano una strada, una via d’uscita e qualcuno che li accompagni in questo nuovo percorso. Ci ripetiamo, ma concedeteci l’ennesimo “buon ascolto”.
Nel 2003 Tim Burgess uscì con un disco a suo nome, senza The Charlatans: a quell’I Believe è seguito un silenzio solista di quasi dieci anni, fino alla pubblicazione, a ottobre, di Oh No I Love You. Dieci canzoni che narrano un periodo difficile della vita del musicista e che raccontano, ovviamente, lui stesso, ma in modo del tutto particolare. Come ha detto ai nostri microfoni qualche giorno fa, prima della data al BenTiVoglio Club, Burgess non era da solo nel processo creativo. Nei crediti del disco, infatti, compare un nome importante, quello di Kurt Wagner dei Lambchop.
Un’amicizia che è maturata, con questo album, in un sodalizio artistico… a parti invertite. Come potete sentire nell’intervista qui sotto, infatti, Wagner si è dedicato alle liriche delle canzoni, che poi sono state interpretate dalla voce inconfondibile di Tim Burgess. Un processo unico, quasi analitico, che ha dato i suoi frutti: oltre all’intervista c’è il video di “White”, la canzone che apre il disco e che, con somma sorpresa di Wagner, è diventata una piccola hit.
Il chitarrista Stefano Pilia e il batterista Andrea Belfi, oltre a suonare (o aver suonato) in Massimo Volume, Hobocombo, Rosolina Mar, 3/4 Had Been Eliminated, sono molto apprezzati oltreoceano. Tre anni fa abbiamo parlato del loro lavoro con Mike Watt, ma la scorsa settimana i due hanno presentato al BenTiVoglio Club un nuovo lavoro.
I nostri sono stati infatti scelti personalmente da David Grubbs (sì, quello dei Gastr Del Sol) per una collaborazione piuttosto estesa. Ce l’hanno raccontato Grubbs e Pilia al telefono, nel pomeriggio del concerto: da un’etichetta svedese in comune, i tre si sono ritrovati a New York per una residenza, che si è evoluta in disco e che porterà, nel prossimo anno, a ben due nuove uscite, di cui alcuni brani sono stati presentati nella serata di piazza Verdi, lo scorso mercoledì. Oltre alla doppia intervista, anche un brano dal disco che il trio ha firmato nel 2010.
A sedici anni dall’esordio e a quattro dall’ultimo Long Distance, tornano i Three Second Kiss: il loro Tastyville, uscito la scorsa settimana per African Tape, è un album davvero notevole, che non potevamo non fare disco della settimana. Nove tracce che rimangono fedeli al suono tagliente e obliquo a cui la band si è legata in quasi due decadi di carriera, ma che mostrano qualcosa di nuovo nei suoni e nell’attitudine.
Abbiamo cercato di scoprirlo la scorsa settimana, quando il chitarrista dei Three Second Kiss Sergio Carlini è venuto nei nostri studi per parlare del nuovo lavoro. In una chiacchierata a metà strada tra l’analisi e l’intervista, Sergio ha sviscerato con noi Tastyville, che presto la band porterà all’ATP di Londra, insieme (tra le altre) alla band “cugina” Uzeda (vi ricordate quando i siciliani vennero a Maps?). Insieme all’intervista, il video della seconda traccia del disco “The Sky Is Mine”.
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