Mercoledì scorso i Junior Boys sono arrivati a Bologna per portare il loro ultimo It’s All True in quel del Locomotiv Club. Il duo canadese ha infiammato la platea del club di via Serlio e, qualche ora prima del concerto, noi abbiamo avuto l’opportunità di fare due chiacchiere con metà della band.
Al telefono, Jeremy Greenspan è stato loquace: ci ha raccontato tutto sull’ultimo album e su come sia legato ai luoghi in cui è stato scritto e prodotto, per esempio. Luoghi anche poco consueti, come Shanghai, dove il disco suonerebbe forse meglio che altrove. Jeremy ha anche spiegato lo stretto legame tra i dischi della band e le possibilità offerte dalla tecnologia, senza omettere il fatto che, come accade agli scrittori, anche un musicista di elettronica può “perdersi” nel mezzo di una canzone e rimanerci bloccato in mezzo per un po’…
Insomma, l’intervista è da ascoltare e il brano, “Playtime”, l’abbiamo scelto insieme al nostro ospite. Sentite, scaricate e, se siete stati al Locomotiv il 30 novembre, ricordate.
Ieri al TPO di Bologna l’etichetta “sperimentale” della Trovarobato ha festeggiato con una lunga serata di concerti. Voilà la Parade è il nome dato all’appuntamento che ha visti susseguirsi sul palco nomi e band che ben conosciamo a Maps: Zzolchestra, Hobocombo, Der Maurer, Sebastiano De Gennaro e Junkfood hanno dato vita a una bella rassegna di musiche originali e molto personali.
Nella scorsa puntata di Pigiama Party abbiamo parlato ancora una volta con Simone Calderoni, bassista proprio dei Junkfood: reduce da una serata un po’ sfortunata, ci ha raccontato una breve storia della band nella quale suona, ma ha anche fatto gli onori di casa presentando gli altri gruppi della serata. Non solo: nell’intervista che trovate qua sotto c’è anche una bella chiacchierata su cosa voglia dire sperimentare in musica, sul senso della musica “contemporanea” e sul rapporto di questa musica con il pubblico. E non è finita: per iniziare bene la settimana, ecco una manciata di brani di alcuni dei musicisti della Parade!
Sono due dei nomi più interessanti della canzone italiana. Un momento, direte voi: ma da quando Letizia canta in italiano? E che è questa fascistissima mania di tradurre i nomi? Non si chiamava Marie Antoinette? Amici, le cose sono cambiate: “Storpiavano sempre il mio nome, e così…” ci ha detto Letizia nell’intervista che le abbiamo fatto qualche tempo fa. E la musicista ci ha anche raccontato del nuovo disco in uscita, non a caso, il 6 gennaio (per Pippola): ehi, è il giorno della nascita di Giovanna D’Arco, diranno i più colti di voi. E che c’entra? Scopritelo nell’intervista.
Ma Maria Antonietta non è venuta da sola: abbiamo avuto in studio ancora una volta anche Dario Brunori, per il quale Letizia apriva quella sera. L’uomo dietro alla Brunori SAS, oltre a regalarci una canzone tratta dal suo ultimo Poveri Cristi, ci ha anche spiegato cosa ha avuto a che fare nel processo creativo legato al debutto della musicista che era con lui nei nostri studi. Insomma, godetevi questa sarabanda di complimenti reciproci, belle canzoni e video, grazie alla benemerita Less Tv.
Di recente sono arrivate in Italia per un minitour The Sandwitches. La band, rappresentata in studio da Grace Cooper e Heidi Alexander, è venuta nei nostri studi lunedì scorso, prima di esibirsi allo Spazio Elastico. Il gruppo fa parte di una comunità folta ed esuberante di San Francisco, che comprende altri nomi come Sonny and the Sunsets, Fresh and Onlys e The Oh Sees, tanto per citarne qualcuno, sì, ma non a caso, visto che i membri di queste band hanno spesso collaborato tra di loro, creando nuove alchimie.
Con le ragazze abbiamo cercato quindi di capire meglio che scena si fosse creata nella città californiana, ma le nostre ingenue visioni si sono un po’ ammosciate, come sentirete nell’intervista, quando Grace e Heidi ci hanno raccontato come stanno le cose veramente a Frisco. Abbiamo poi parlato dei loro dischi, dei progetti futuri e ci hanno regalato anche due canzoni. Buon ascolto!
A Maps regaliamo spesso a voi ascoltatori biglietti per andare ai concerti. Voi, “in cambio”, ci mandate una breve recensione dei concerti stessi. Luca B., affezionatissimo ascoltatore, ha vinto i biglietti per andare a vedere gli Zen Circus al Locomotiv e ci ha mandato questa recensione.
Attenzione: questa recensione contiene imperativi.
Dovete andare a vedere gli Zen Circus dal vivo. Ragazzi non limitatevi a comprare il disco. Come dite? I dischi non li compra più nessuno? Ok, ma è il concetto quello che conta.
Venerdì sera al Locomotiv è stato un spettacolo. 75 minuti di folk/punk/noise/power pop/rock, chiamalo come vuoi, ma ‘sti tre ragazzi hanno quello che a molte altre band manca: la giusta attitudine. E’ stato un concerto di quelli “di pancia”, gli Zen Circus son viscerali, non ce n’è.
Le canzoni sono tratte soprattutto dagli ultimi due album. Il suono esce denso come il cacciucco (lo so che sono pisani ma ho la certezza che da ragazzi intelligenti quali sono non si abbassano a certi campanilismi) quello vero che non cucina più nessuno neanche a Livorno (parlo a ragion veduta visto che son mezzo livornese, deh!). Per inciso: dovete andare a mangiare il cacciucco a Livorno, vi do il numero di mio cugino che vi consiglia lui.
Torniamo a bomba: dovete andare a “vivere” un concerto del Circo Zen. Dovete pogare, sbracciarvi, applaudire, scatenarvi nelle prime file (andate avanti voi che io ho una certa età). Per quanto mi riguarda venerdì sono stato un po’ più dietro ma ho cantato a squarciagola e saltellato tanto, ché non riesci a stare fermo con l’adrenalina che ti trasmette la band sul palco.
Adrenalina che sono sicuro agli Zen è ritornata: i tre hanno più volte sottolineato la loro soddisfazione per la partecipazione del pubblico noncurante del caldo torrido della sala (d’altronde il caciucco va servito bollente).
Mi sono piaciuti molto gli intermezzi strumentali quasi noise di alcune canzoni, con dei crescendo irresistibili. In questi momenti Appino e Ufo, ho notato, si avvicinano a Karim al centro del palco come per dare ancora più compattezza al suono che esce granitico e davvero pastoso, infiammato, sporco e cattivo. E quando parte la lunga coda strumentale di “Nati per subire”, ultima canzone del concerto, vorresti non finisse mai.
Un concerto che mi ha soddisfatto a pieno: caldo e corroborante come il caciucco, quello vero.
Siamo felicissimi di potervi dire che a breve ritorneranno in pista i Ronin: si chiamerà Fenice il nuovo lavoro della band di Bruno Dorella ed uscirà per Santeria e Tannen il 20 gennaio. I musicisti sono tanti e la metà sono passati dai nostri studi: nomi come Nicola Manzan, Enrico Gabrielli, Paolo Mongardi, Nicola Ratti e quindi… siamo esaltati!
Intanto ci ascoltiamo una piccola anticipazione, la canzone “Jambiya”, e poi aspettiamo con impazienza l’anno nuovo.
Undici tracce, che sono più undici mazzate in faccia che canzoni. Questo disco d’esordio dei perugini Fast Animals and Slow Kids è notevole e non è un caso che a produrlo siano Giulio Favero e Appino degli Zen Circus. Proprio quest’ultima band ha voluto i FASK come spalla nel tour del nuovo disco, ed è in occasione di questo live che i ragazzi sono approdati al Locomotiv Club di Bologna.
Giovedì scorso abbiamo sentito al telefono Aimone, voce e chitarra della band, con il quale abbiamo parlato di un sacco di cose inerenti a questo esordio, chiamato Cavalli, bizzarro fin da disco e artwork. Insieme all’intervista, come al solito, una traccia del disco. Godetevela!
Abbiamo acchiappato Andrea Cola qualche ora prima del live che ha tenuto allo Spazio Elastico, al lavoro. Ma dopo poco siamo tornati sul tema dell’intervista, cioè il suo disco Blu, che Andrea porta in giro ormai da un bel po’. Gli abbiamo chiesto proprio il perché del titolo del disco, sconfinando subito in cubismi picassiani, per poi tornare agli inizi della carriera di Andrea.
Tutto il resto dell’intervista si è mosso, come si dice, tra il serio e il faceto, e ha avuto come conclusione un lungo “No” di sconforto quando abbiamo rivolto al musicista la nostra classicissima stupida domanda dei dischi dell’isola deserta: nonostante lo spaesamento iniziale, Andrea ha inanellato cinque album uno più interessante dell’altro… Ecco per voi, come al solito, intervista e mp3.
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