E’ uscito da pochissimo per Coconino Press – Fandango il nuovo romanzo a fumetti di Francesca Ghermandi: si intitola Cronache dalla palude, ed è una storia fatta di molti protagonisti, le cui vite si intrecciano tutte in una città costruita sopra una palude.
E così l’autrice è venuta a trovarci in studio, per una lunga e sudata (chi ha letto il libro sa perché uso questo termine) chiacchierata che ha voluto sviscerare ogni aspetto del libro, da quello grafico a quello narrativo. Abbiamo fatto faticare la nostra Francesca, ma ne è valsa la pena: del resto il suo bel libro lo merita. Buon ascolto!
Si è spostato, almeno per quest’anno, per quanto riguarda luogo e date, ma la qualità dell’Express Festival è sempre altissima. Questa sera al Link ci sarà Jamie Lidell; domani, sempre al Link, l’accoppiata electro che non si può non vedere: Caribou e Four Tet. Domenica, infine, si esibiranno alle Scuderie di piazza Verdi i Liars.
Abbiamo parlato di queste tre giornate con Giovanni “Murato” Gandolfi: nell’intervista trovate prezzi, orari, informazioni sulla navetta per andare al Link e gli ultimi sviluppi delle vicende che hanno coinvolto il Locomotiv Club. E vi diamo anche tre pezzi degli artisti in questione, tratti dai loro ultimi lavori. E che volete di più?
Ci abbiamo messo un po’ a far partire la nuova stagione video di Maps, ma come vedrete oggi ne è valsa la pena! Quest’anno ad accompagnarci nei live in studio (e non solo) ci sarà Less tv, il nuovo progetto del nostro Pietro Borzì.
Incominciamo alla grande con una session particolarmente ispirata di una cantante anglo-libanese: Nadine Khouri. Ha viaggiato molto la ragazza, ma l’unico posto che sente casa propria è la musica. Grazie ad un ukulele, un harmonium e tanti altri strumenti è riuscita a racchiudere tutti i generi musicali sentiti in giro per il mondo. Il tutto in questo progetto. Ah, da poco ha lanciato Rouge, nuovo singolo per la One Flash Records.
Non vediamo l’ora di sentire Dye It Blonde, il secondo disco degli Smith Westerns in uscita per Fat Possum a inizio Gennaio. Nel frattempo ecco Weekend!
Tra le varie frustrazioni di chi scrive di musica ed è appassionato di rock pesante c’è quella di non essere in grado di mettere su carta la sensazione di stordimento provata al primo ascolto di quelli che poi sono diventati il nostro disco del cuore. Il motivo principale è che quasi tutta la letteratura in materia è carta straccia, vittima di paroloni tipo apocalittico o seminale o desolante e di citazioni coattissime che pescano un po’ dalla Bibbia un po’ da Burroughs un po’ da Apocalypse Now, o magari di toni freddi e distaccati che nella tua testa dovrebbero ricordare un’autopsia dell’anima devastata dell’autore, quasi sempre tragicomico nel risultato finale. Il modo più sicuro di lasciare un effetto è quello di tenere il disco lontano dai canali del diffondere ad ogni costo, contingentare l’emozione, passarlo alle persone fidate e conservare il culto attorno al disco ad un livello di guardia che ti permetta di conservare l’integrità del primo impatto. A volte riesce, a volte no. Le volte in cui no, il disco cade vittima della sua parziale accessibilità – nessuno è mai riuscito a creare qualcosa di davvero inaccessibile, soprattutto perché in pochissimi ci hanno provato davvero (che senso ha produrre musica che nessuno vorrebbe ascoltare?).
Qui inizia il gioco dei sottoinsiemi. Ci sono dischi realmente ostici che hanno incontrato l’immaginario. Ci sono dischi che hanno fatto fare passi avanti alle frontiere dell’inascoltabile, hanno smesso di significare se stessi e hanno dato origine a un genere – musicale, emotivo, eccetera. Tra questi dischi ce ne sono alcuni che rimangono indissolubilmente legati alla propria epoca, altri che continuano a suonare come se fossero stati pensati e registrati su un altro pianeta. Tra questi ultimi ce ne sono alcuni su cui i fan e la critica hanno sentito il bisogno di esprimersi in massa, e tra questi ce ne sono due o tre che nonostante tutto il gioco dei sottoinsiemi conservano inalterato il proprio fascino e suonano ad ogni passaggio della stessa cruda intensità con cui ti ci sei avvicinato la prima volta.
La 42 Records ha fatto un altro bel colpo: anche l’etichetta romana, infatti, ha notato l’interessante disco di Dedo del 2008, Solar Day, e ha messo gli occhi su questo musicista felsineo, che si muove tra elettronica e suoni più elettrici, con tendenze allo shoegaze senza dimenticare anche i ritmi più serrati e movimentati.
Esce quindi in download gratuito un ep, intitolato Flow: cinque tracce in download gratuito, che però diventano nove nella bellissima versione estesa dell’ep. E’ l’oggetto che vedete qua sopra: semplicemente bellissimo nel montare il cd su un supporto di plexiglass giallo acceso. Mettetevelo in casa e attirerete le attenzioni dei vostri amici, è garantito! Con Dedo, ovviamente, non abbiamo parlato di design, ma di musica. Ecco l’intervista e il disco da ascoltare in streaming.
Più o meno un anno fa, vi abbiamo parlato di questo duo genovese, i Japanese Gum. Dopo poco meno di undici mesi, il duo è diventato un trio e ha “dato alle stampe” un e.p., intitolato End of the Summer, in download gratuito dal sito della band.
Tre pezzi intensi che si avvalgono anche della collaborazione di Daniele Carretti e Greta Liscio. Abbiamo chiacchierato di tutto questo con Davide: e oltre all’intervista, come al solito, un mp3 per voi!
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