Domani comincia dall’Estragon di Bologna un nuovo tour che vedrà gli Afterhours toccare numerosi club in tante città italiane per un paio di mesi. A meno di un anno dall’uscita di Padania, che avevamo approfondito in una lunga intervista con Manuel Agnelli, abbiamo nuovamente chiamato al telefono il cantante della band per raccontarci i presupposti con cui inizia questo nuovo tour.
Ma, come spesso capita parlando con Agnelli, il discorso (pur gravitando intorno alla musica) si è allargato alla situazione culturale italiana: uno dei vantaggi di una band con decadi di carriera e migliaia di chilometri macinati in tour è sicuramente il possedere una prospettiva ampia (dal punto di vista spaziale e temporale) su quello che è, per citare una canzone recente, “il Paese reale”. E l’Italia che ci racconta il musicista è un Paese diviso, insicuro, difficile. Insomma, il nostro.
Li abbiamo visti venerdì 22 febbraio sl FreakOut Club, e ci hanno letteralmente spazzati via. Del resto le premesse erano buone: già dal loro album d’esordio, infatti, i canadesi METZ(il nome si scrive maiuscolo) facevano capire, qualche mese fa, che il compromesso proprio non faceva parte del loro DNA.
Questa caratteristica ci è stata confermata da Alex Edkins, voce e chitarra della band: al telefono il musicista ci ha raccontato delle origini della band, la cui formazione ha risentito delle città in cui i ragazzi hanno vissuto, Ottawa prima e Toronto poi. Ma come sono arrivati a pubblicare per SubPop? “Abbiamo usato il vecchio metodo: abbiamo mandato qualche pezzo all’etichetta e poi…”, ci ha detto Edkins. Il resto lo trovate nell’intervista qua sotto, insieme al brano che ci ha fatto scoprire il terzetto, la traccia di apertura del disco: “Headache”.
Ci sono dei musicisti e dei dischi che davvero vanno scoperti e qui a Maps siamo orgogliosi quando riusciamo a farvi conoscere qualcuno la cui musica vale la pena di essere ascoltata con attenzione. Simone White è uno di questi musicisti: nata alle Hawaii, ma losangelina, ha concluso la parte italiana del suo tour a Bologna, lunedì scorso. Prima del live al Chet’s Club l’abbiamo avuta in radio per un minilive.
Insieme ai musicisti che l’hanno accompagnata in tour, Simone ci ha raccontato alcune cose di Silver Silver, uscito l’anno scorso: abbiamo parlato di tutto, dalla copertina (che la ritrae insieme a sua madre e a un amico musicista), alla sua famiglia, dai suoi ricordi musicali a una delle canzoni che ha fatto anche nei nostri studi e che ha dietro una storia davvero toccante. Ma c’è di più: tra i brani potrete ascoltare anche una versione in italiano di uno dei pezzi del disco. Insomma, un piccolo live per conoscere una musicista davvero eccellente.
Sono in quattro e vengono da Pompei. Giocano non solo con il nome dell’immortale bardo, ma anche con quello di un suo coevo: TheShak&Speares, infatti. pare che siano quattro fratelli, di cognome Marlowe. Certo è invece il titolo dell’album di debutto, intitolato Gagster e uscito poco più di un mese fa.
Proprio del disco, presentato venerdì all’Arteria, abbiamo parlato con il bassista Al, al quale abbiamo subito rivolto la domanda sul significato dell’espressione “punk agreste”, che campeggia sul comunicato diffuso insieme al disco. Abbiamo però anche discusso il curioso metodo promozionale usato dalla band, consistito nel fare uscire tre videoclip (non tre canzoni su YouTube: li trovate qua sotto) prima ancora che l’album esistesse. Questo e altro ancora premendo play!
Sono in due e dal vivo rivoltano il pubblico come calzini: se siete stati a vedere gli Zeus! sabato scorso al Senza Filtro lo sapete. Dopo il debutto (ne parlammo qua) la band ha fatto uscire una settimana fa il secondo disco Opera: undici tracce che vedono Paolo Mongardi (che suona tra gli altri in Ronin e Fuzz Orchestra) alla batteria e Luca Cavina (Calibro35 e Craxi) al basso.
Nella puntata di venerdì scorso abbiamo raggiunto al telefono quest’ultimo, mentre era con Paolo in viaggio per il Velvet di Rimini, seconda tappa del tour. Non abbiamo resistito e abbiamo snocciolato i titoli delle canzoni, che sono chicche come “La Morte Young” o “Bach to the Future”. “Una mossa commerciale“, ha detto Luca, aggiungendo però poi considerazioni piuttosto serie sul modo in cui i brani sono stati composti. Scopritelo anche voi: ascolterete Opera con orecchie decisamente diverse.
Siamo in periodo elettorale e quindi bisogna andarci cauti con i proclami: ma del resto ci sono delle onorificenzesuper partes, che premiano chi “ha portato avanti lo spirito del rock’n'roll“. Come lamentarsi, quindi, della consegna delle chiavi felsinee a Jon Spencer? Tranquilli, è una boutade: una delle tante che hanno gioiosamente infarcito la telefonata di giovedì scorso al leader della Jon Spencer Blues Explosion, poche ore prima di un fulminante concerto al BenTiVoglio Club.
Con Jon abbiamo parlato di Meat+Bone, un disco che arriva dopo una lunga pausa in cui i musicisti della JSBE si sono dedicati ad altri progetti. Forse è proprio per questa pausa che l’album suona fresco e, allo stesso tempo, potente come uno schiaffone. Immergetevi in una decina di minuti di chiacchiere rutilanti, conclusi dalla canzone che Spencer ha scelto dall’ultimo album. Una “Get Your Pants Off” che, ci ha detto, non viene sempre presa dal pubblico come un reale invito…
Quando ospitammo Hugo Race, il musicista australiano venne con una band, i Sacri Cuori: Antonio Gramentieri e soci ci impressionarono per lo spirito e l’intensità della loro musica, sia quel pomeriggio che sull’album We Never Had Control, che fu anche nostro disco della settimana.
A distanza di un paio di mesi abbondanti, sono tornati. Ecco per voi un live dei Sacri Cuori, con tre brani presi dall’ultimo album Rosario: un disco molto ben accolto dalla critica non solo nazionale, registrato negli Stati Uniti con una schiera di ospiti illustri (da Isobel Campbell a John Convertino, solo per nominarne due) che hanno condiviso gli studi con i musicisti e con dei… fantasmi. Del resto, quando una band registra in un luogo che era fronte di battaglia centinaia di anni prima, presenze simili sono probabili, no? Per saperne di più, ecco per voi chiacchiere e musica.
Il tour legato al secondo disco Tender New Signs, uscito per la Mexican Summer nello scorso autunno, ha portato Tamaryn al Covo, venerdì scorso. Noi abbiamo sentito al telefono la musicista neozelandese, ma trapiantata in California, qualche giorno fa, “da qualche parte a lato di una strada”, come ci ha detto.
Nell’intervista che potete sentire qua sotto, Tamaryn ha parlato con noi del passaggio dal debuttoThe Waves a questo nuovo album, del modo che hanno di collaborare lei e Rex John Shelverton, della tourband che ha calcato le assi del palco del club di viale Zagabria e non solo. “Sono stanca di sentirmi dire che facciamo shoegazing, che siamo derivativi: noi stiamo andando avanti per la nostra strada“, ci ha detto. Comunque noi un parere sull’ultimo disco dei My Bloody Valentine l’abbiamo voluto: sentite cosa ci ha risposto, prima di scegliere la canzone per chiudere l’intervista, “The Garden”, che trovate sempre qua in basso.
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