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Il ritorno dei One Dimensional Man

Hanno inaugurato lo “You Kill Me Tour” giovedì scorso al T.P.O., riproponendo dal vivo l’album del 2001: potevamo non intervistare i One Dimensional Man? Qui sotto trovate una chiacchierata con Pierpaolo Capovilla, che ci ha raccontato come la band non si sia mai sciolta e che questo ritorno sulle scene, in realtà, ha anche una palese (e vitale) motivazione economica.

Ma non ci siamo accontentati di ripercorrere insieme a Pierpaolo la storia della band o il rapporto particolare che ha con la nostra città (relazione confermata dal pienone del concerto di giovedì): l’abbiamo anche coinvolto nel tema della puntata. Per scoprire quale fosse, premete play e, già che ci siete, scaricate la title-track di quel bel disco di una decina di anni fa.

Francesco | 08:30 | Tuesday 19 October 2010 | 2 Commenti »
Interviste, Mp3, Podcast

Appuntamento con la storia: Rolling Stones – Aftermath (1966)

Lo so, amici di Maps, vi starete sicuramente chiedendo cosa succede.

Perché parliamo di un album già uscito da innumerevoli anni? Non conosciamo ormai anche il numero di peli sulla schiena dei Rolling Stones?
Ebbene sì, su di loro hanno già detto tutto, ma dato che lavoro e sudo per Maps, mi è venuto il desiderio di scrivere un post ogni tanto che si riferisca ad alcuni album che hanno fatto la storia, e che io personalmente ho consumato, amato ed ascoltato tanto da scriverci sopra ancora altre cose!

Questa settimana si parla di Aftermath, l’album degli Stones datato 1966, il quarto della band, il migliore, a mio parere, del quale amo in particolare le sonorità che si rifanno molto a ciò che circolava in quegli anni, quindi il beat, il funk, il blues e il rock’n roll però fatto “alla Rolling Stones”.

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Eleonora | 17:00 | Monday 18 October 2010 | Comments Off
Speciali, Video

Disco della settimana: Blank Dogs – Land and Fixed

Blank Dogs – Land and Fixed

Eleonora | 11:51 | Monday 18 October 2010 | Comments Off
Disco della settimana

Le Cattive Abitudini dei Massimo Volume


E’ uscito ufficialmente venerdì, ma noi da lunedì della scorsa settimana vi abbiamo fatto sentire il nuovo disco dei Massimo Volume, intitolato Cattive abitudini. Come hanno detto in tanti, un ritorno eccellente, quello della band di stanza a Bologna, dopo la reunion di due anni fa e una serie di date (culminate in un disco dal vivo) di cui vi abbiamo parlato numerose volte.

Un disco intenso, registrato con mezzi analogici e in presa diretta in uno studio sulle rive del Po, quest’estate: sin dal primo minuto i suoni dei Massimo Volume ci sono, e si intersecano alla perfezione con le parole (ancora una volta magistrali) di Clementi.

E’ proprio con Mimì Clementi e Vittoria Burattini che abbiamo chiacchierato, questa volta: una lunga intervista per sapere tutto (o quasi) di uno dei dischi italiani dell’anno. E, come regalo, una traccia del nuovo disco, quella “Mi piacerebbe ogni tanto averti qui” di cui parliamo nell’intervista.

… e se ancora non ne avete abbastanza:
Il MySpace dei Massimo Volume

Francesco | 08:30 | Monday 18 October 2010 | Comments Off
Interviste, Mp3, Podcast

Video: Chromeo X Yours Truly

Jonathan | 16:08 | Friday 15 October 2010 | Comments Off
Video

My Awesome Mixtape International!

Le cose vanno decisamente bene ai My Awesome Mixtape! Dopo una serie di date in Francia (dove hanno registrato il video qua sopra), sono stati addirittura chiamati a Nuova York per suonare come opening band per il concerto di Elisa!

Ma abbiamo scoperto che l’unica cosa che, ancora una volta, interessa a Maolo è il cibo. Godetevi questa rilassatissima chiacchierata!

Francesco | 08:30 | Friday 15 October 2010 | Comments Off
Interviste, Mp3, Podcast

Ancora dal Brasile

Sul perché si senta in mono, forse dovreste chiedere direttamente a Wallace Costa, il one man band dietro al progetto musicale omonimo, o al regista.

Quello che si può dire di sicuro è che il ragazzo di Cruziero (Sao Paulo, Brasile), pare che si chiami proprio così e non si tratti di un moniker, ha una passione smodata per il primo Beck e il pop virato Sixties che tanto va di moda nei dintorni di Pitchfork.

Qui sotto potete vedere il primo video tratto dalla sua prima uscita, Crossing Field, rigorosamente donwloadabile, dal sito dell’etichetta midsummer madness.

bos | 08:00 | Thursday 14 October 2010 | Comments Off
Mp3, Video

Abel Ferrara parla, suona e ci annuncia che…

Io lo so che tanti fra voi appena hanno visto il volto sulla copertina di Live@MAPS vol. 3 si sono domandati: ” Ma questo? Ha suonato al Covo?! Forse era al Locomotiv mentre ero al mare!”

Chi si è domandato ciò era proprio fuori strada… Perché, nonostante la strepitosa improvvisazione acustica che ci ha regalato in studio, va precisata la sua non primaria attitudine alla musica, bensì ad un altro tipo d’arte. Abel Ferrara, regista cinematografico, newyorkese di nascita, seppur d’origine italiana, ci ha fatto l’onore di venirci a trovare e di farci assistere ad una tra le ospitate più esaltanti della stagione. Genio e sregolatezza subito chiare al nostro occhio e presto evidenti anche a voi non appena vedrete il video. In quei giorni era venuto a presentarci Napoli Napoli Napoli, in visione alla Cineteca di Bologna:  il docufilm sui luoghi  e personaggi più atipici della città partenopea.

Poi così, dal nulla, durante l’intervista, sorpresa fra le sorprese: in programmazione una partecipazione in un suo prossimo film di 50 Cent. Non dico altro. Anzi aggiungo che il brano improvvisato per noi da Abel è un omaggio a Dylan e Stones da lacrime! Guardate e scaricate.

Pietro | 10:31 | Wednesday 13 October 2010 | 2 Commenti »
Interviste, Live, Mp3, Podcast, Speciali

Audience Live Report: Shellac@Estragon, 08.10.10

A Maps regaliamo spesso a voi ascoltatori biglietti per andare ai concerti. Voi, “in cambio”, ci mandate una breve recensione dei concerti stessi. Mary e Claudio , però, sono andati oltre: non abbiamo dato biglietti per il concerto degli Shellac all’Estragon, ma loro ci hanno mandato ugualmente una recensione. E noi, anche per questo, li amiamo un sacco.

Venerdì all’Estragon è stato il nostro (mio e del mio fidanzato) terzo concerto degli Shellac in una settimana, gli altri due li abbiamo visti in Olanda (29 settembre Nijmegen, 30 settembre Utrecht). Ovviamente parlando degli Shellac ogni concerto è stato a sé: ognuno diverso e ugualmente bello. Anche se in quello a Bologna ci sono stati molti più nei che hanno rovinato un po’ la serata in generale.Innanzitutto l’Estragon non è concepito per la musica dal vivo, l’acustica è pessima. Per fortuna, Albini&co. erano dell’umore giusto e non si sono di certo risparmiati: anzi, ci hanno preso gusto ad aizzare il pubblico in chiusura di concerto regalandoci una tiratissima “Crow “ e “Spoke”. Il resto dell’esibizione è stata centrata sulla solita scaletta che portano in giro per l’Europa da qualche settimana, sebbene siano stati disturbati da quattro idioti forzati del pogo che si abbattevano sugli ascoltatori delle prime file costretti a prendersi qualche botta indebita. Dopo un po’ di pugni e rimbalzi che ci hanno portato ai lati della prima fila, abbiamo deciso di abbandonare il campo di lotta e vedere il concerto da dietro. Nella civilissima Olanda, invece, qualche ubriaco ci ha regalato una meravigliosa perfomance a dorso nudo mentre tentava di salire sul palco e in uno slancio di feticismo ha cercato di slinguazzare le scarpe di Bob Weston; ma nessuno si è sognato di disturbare agli altri il concerto.

Un altro appunto va alla direzione dell’Estragon, molto lassista nel far rispettare la legge antifumo. Benché nel locale vi siano una decina di cartelli antifumo e anche i monitor ammonissero il pubblico di non fumare, la gente faceva il comodo suo; anche quando a due gemelline dai lunghi capelli lisci e neri abbiamo ricordato che è vietato fumare nei luoghi pubblici, queste, dopo aver spento inizialmente la sigaretta, si sono girate e l’hanno riaccesa.

Di questa serata rimane una grande perfomance degli Shellac. E’ sempre uno spettacolo vedere Albini fare l’aeroplano, ìurlare sui pick-up della chitarra e anche concedersi qualche sproloquio in italiano, vista l’impossibilità da parte di Bob Weston di inscenare il suo solito question time con il pubblico, a causa dell’ignoranza generale. Peccato anche per la mancanza di interazione con il pubblico a fine serata per la vendita fai da te delle magliette.

Francesco | 13:30 | Tuesday 12 October 2010 | 1 Commento »
Speciali

Indie kids (make me sick) – #1

Arcade Fire at Pancake MountainCon un titolo rubato in maniera abbastanza equivoca a una canzone dei Tunas, inaugura qui una nuova rubrica di Maps dedicata allo scottante problema dei figli nell’indie rock.
Come sapete, l’indie rock ormai è roba da matusa: le band che amavate da giovani si sono riformate per pagare il mutuo, gli amici con cui andavate ai concerti hanno messo su famiglia e sono spariti, e il vostro più grosso problema è trovare qualcuno che vi tenga i bambini il venerdì sera quando dovete andare a fare i dj. Si tratta di una questione demografica: “la scena” come la conoscevate quindici o venti anni fa ha continuato a fare più o meno le stesse cose (i gruppi, i dischi, i concerti, le serate, i festival, gli aperitivi…), mentre il tempo è passato per tutti. E così, ci si ritrova in mezzo a un pubblico con la maglietta degli Strokes che ha l’età dei nostri genitori quando ce ne siamo andati di casa.

Ma rovesciamo il problema: come direbbe Helen Lovejoy, “won’t somebody please think of the children!?!” Qualche giorno fa mi è capitato di leggere un articolo di Thomas Conner dedicato a “Yo Gabba Gabba!“, lo spettacolo televisivo americano (da noi si può vedere su Sky) che mescola l’intrattenimento per l’infanzia con i live di band come MGMT, Shins, Of Montreal, Enon e Cornelius, solo per citare alcuni dei nomi passati. Yo Gabba Gabba! in poco tempo è diventato un notevole fenomeno commerciale (dvd, libri, compilation, spettacoli dal vivo nei teatri) e il passaggio di una band nel programma viene considerato, da un lato, più appetibile di una rotazione di un video in tv e, dall’altro, una piccola consacrazione indie.
Nell’intervista Christian Jacobs, uno dei fondatori dello show, si lascia andare alla battuta “We’re creating little rock snobs”, e la sua mi sembra una presuntuosa e malinconica illusione. “Rock snob” è un’etichetta davvero datata, figlia di un’epoca in cui si concepivano i gusti musicali come un elemento capace di distinguerti in maniera radicale. Qui, per la miseria, stiamo parlando di un target dell’età media di sei anni. Chi ti ha detto che questi, tra un salto e l’altro in mezzo ai loro amichetti, abbiano voglia di diventare snob? E come puoi pensare di tirare fuori qualcosa di “snob” da pupazzoni di gomma che ballano sotto stelle di cartone?
D’altra parte, è anche vero che lo show funziona ed è divertente. I genitori “indie” si entusiasmano, i loro figli tendono ad assecondarli perché gli vogliono bene e così finiscono per farsi piacere anche MGMT, Shins e Of Montreal, e imitare i pupazzoni. Però, per esempio, qualche anno fa, parlando di un programma affine, Pancake Mountain, avevo sottolineato il background e le motivazioni abbastanza diverse che lo animavano. Guardandolo avevi l’impressione che le corse e i salti spensierati dei bambini in mezzo alle band che suonavano (Arcade Fire, Flaming Lips, Lou Barlow, Melvins, Henry Rollins, Deerhoof…) fossero l’obiettivo ultimo di tutto quanto, e che i musicisti provassero sinceramente a stare al gioco, riuscendoci poi in misure diverse. Il creatore Scott Stuckey, in passato già al lavoro con R.E.M., Vic Chesnutt, Bob Mould e Minor Threat, ha cercato di mantenere un certo spirito DIY in tutto lo spettacolo. Al confronto con quegli hipster di Yo Gabba Gabba!, Pancake Mountain sembra in qualche modo più traballante e meno luccicante, ma magari i bambini si domandano se proprio per questo non sia anche più indie.

Enzo Baruffaldi | 08:35 | Tuesday 12 October 2010 | Comments Off
Miscellanea