L’altroieri i Deerhoof, una delle band di culto in attività da una ventina d’anni, sono arrivati a Bologna per l’unica data italiana del tour legato all’ultimo disco Breakup Song. Il Locomotiv Club ha ospitato la data di Murato che ha visto la band originaria di San Francisco entusiasmare il pubblico presente, frullando sul palco generi musicali, suoni e forme, come è lecito aspettarsi dai quattro.
Nel pomeriggio dello stesso giorno abbiamo avuto al telefono John Dieterich: insieme al patron della Unhip Records (che organizza i live di Murato insieme a RCdC) Giovanni Gandolfi, abbiamo parlato del nuovo disco, allargando il discorso all’approccio che la band ha con la sua musica. Se c’è un aggettivo legato ai Deerhoof, infatti, questo è “imprevedibile”: ma tutte queste variazioni non possono portare a insicurezze? Il chitarrista, come potete sentire qua sotto, ci ha spiegato qual è il vero approccio della band, all’insegna della libertà, più che della imprevedibilità. Oltre all’intervista anche il video della canzone che John ha scelto per chiudere l’intervista.
Sono in due: lei, Francesca “Billy” Pizzo ha suonato nei Nel Dubbio; lui, Angelo “Gelo” Casarubbia, era nei Buzz Aldrin. Insieme sono i Melampus, band che ha esordito un mese fa su Locomotiv Records con un disco interessante e personalissimo, intitolato Ode Road.
Come ci hanno spiegato nei nostri studi, il giorno prima del release party, la strada del titolo è quella in cui sono ambientati i brani del disco, ma noi crediamo che ci sia comunque una strada che i Melampus hanno deciso di percorrere, che parte dalla 4AD degli inizi, passando attraverso tappe impreviste e imprevedibili, come la rivistazione di un brano di Smog, che trovate sia nella versione fatta in studio giovedì 15 che in un video ripreso il giorno dopo al Locomotiv.
Una band da tenere d’occhio, che musicalmente non si “piega” ai suoni che più si sentono negli ultimi tempi: i Melampus cercano l’oscuro, anche a costo di sbagliare. Il tentativo di essere prima di tutto loro stessi passa anche di qua.
Jack Tatum è il musicista dietro al nome Wild Nothing, una band che spesso sentite in Maps e sulle nostre frequenze: un pop sognante che, sin dall’esordio Gemini, ha fatto gridare molti al miracolo. Nonostante anche alcuni ascoltatori abbiano espresso un parere non proprio favorevole ai suoni e ai live della band, il concerto di venerdì al Covo è stato davvero partecipato.
Un paio di giorni prima abbiamo parlato con Jack al telefono, raggiungendolo in Germania: non ci siamo limitati a parlare dell’ultimo Nocturne, ma abbiamo voluto ripercorrere i due anni di vita della band anche dal punto di vista personale e psicologico: Tatum ci ha confermato che ha subito una forte pressione dopo il successo dell’esordio, anche a causa di un “crazy musical climate”. Insomma, non solo di canzoni abbiamo parlato, sebbene, alla fine dell’intervista, potete sentire dalla voce del suo autore il perché la title track sia così importante per quest’ultimo disco.
Giovedì 15 gli Offlaga Disco Pax sono arrivati a Bologna per una data del loro tour al BenTiVoglio Club. Abbiamo parlato del loro nuovo album Gioco di societàmesi fa: è tempo di tirare le somme riguardo al tour e alla ricezione delle nuove canzoni da parte del pubblico.
Abbiamo parlato di questo con Max Collini, che al telefono ci ha raccontato di incontri imprevisti con vecchie compagne di partito, del rapporto con i fan e di un viaggio in Brasile che si è rivelato pieno di sorprese, altri incontri, live in tv in prime time, ma che soprattutto ci ha permesso di trovare lo scandaloso titolo di questo post (di cui preventivamente ci scusiamo con tutti).
Sono in quattro, sono giovani e hanno un modo tutto loro di intendere il jazz, che ci ha affascinato al primissimo ascolto. Ecco a voi i Bad Uok, chitarra, piano/tastiere, batteria e trombone, con un disco in uscita a gennaio, intitolato Enter. E voi direte: allora (ri)ascoltiamo e (ri)vediamo, grazie alla premiata coppia Max&Damiana, le versioni live di quelle canzoni.
E invece no, perché la band ha voluto regalarci ben due inediti per festeggiare al meglio quello che crediamo sia il primo live jazz registrato a Maps. Un jazz elettrico e scuro, giocato sulle tonalità basse e cupe, eppure dinamico e nervoso. Insomma, ecco tutto il pacchetto: chiacchiere, foto, video, audio.
Non vogliamo né fare della retorica sulle band da scantinato, né fare pubblicità al noto programmino di editing e composizione: il punto è che i romani EilDentroeilFuorieilBox84 prendono il loro nome proprio da un box (indovinate quale numero lo identifica?) nel quale tuttora si trovano a suonare. E mica solo a suonare.
Abbiamo colto Giuseppe al telefono in un autogrill sulla strada per Bologna, poche ore prima del live all’Arteria di venerdì 9 (ne vedete un estratto qua sotto): il musicista ci ha raccontato la storia di una band che non è fatta solo di prove, ma anche di un sacco di riflessioni, discussioni e confronti. Una band concettuale? Diciamo che comunque l’ultimo La fine del potere è coerentemente incentrato su un tema ben preciso. Ma lasciamo che sia Giuseppe a dirci di che si tratta!
Rimaniamo anche oggi sul ponte che va dalla musica indipendente italiana degli anni ’90 all’oggi, grazie a un concerto tenutosi nello stesso giorno di quello dei Disciplinatha, di cui vi abbiamo parlato ieri. Al Locomotiv Club, infatti, venerdì 9 sono arrivati i Marlene Kuntz, per una tappa di un tour che riporta la band ai suoni più elettrici degli inizi in contesti live più piccoli del solito.
Cristiano Godano, poche ore prima del bel concerto tenuto in via Serlio, ha parlato a lungo ai nostri microfoni, raccontando sia i Marlene di oggi che quelli di ieri, con una prospettiva inedita e originale sui metodi, brani e tempi di allora. Un’intervista davvero “di cuore”, che sorprenderà anche chi conosce bene e segue da anni la band piemontese.
Il 9 novembre scorso, all’interno dell’edizione 2012 del Moonlight Festival, è apparsa una delle band più originali e controverse degli anni ’90, a 25 anni dalla sua formazione e a 15 dalle ultime pubblicazioni e apparizioni: stiamo parlando dei Disciplinatha, che hanno appena fatto uscire il cofanetto antologico Tesori della patria, che contiene tutta ma proprio tutta la loro produzione, compreso un documentario sulla storia della band.
Il giorno prima del live abbiamo parlato con Cristiano Santini, voce e chitarra: ci ha raccontato sia del concerto in Zona Roveri che del passato dei Disciplinatha. Un modo per ricordare non solo l’incrocio di musiche (dal punk al rock all’industriale) che ha caratterizzato il suono della band, ma anche quella decade caratterizzata dalla nascita di nuove band ed etichette, una su tutte quella del Consorzio Produttori indipendenti. Godetevi l’intervista e tornate su questo sito domani, dove parleremo dello stesso Consorzio e di quel periodo… con un altro Cristiano.
La band belga Balthazar è uscita quest’anno con un disco davvero convincente: Rats, che segue di due anni l’esordio Applause è un album interessante che presenta suoni e arrangiamenti di certo riconducibili a qualche forma di folk, ma con originalità.
Abbiamo colto Maarten Devoldere al telefono, appena arrivato a Zurigo per una delle tappe elvetiche del tour che li porta in Italia oggi a Roma e domani al Bronson di Ravenna. Il musicista ci ha rivelato che Rats è un disco pensato per essere ascoltato dall’inizio alla fine, per quanto anche le singole canzoni siano più che godibili presa una ad una. “Siamo una band vecchia scuola“, si è quasi giustificato al telefono, per distanziare i suoi da un’epoca in cui “l’ascoltatore non ha molta pazienza.”
Oltre alla chiacchierata, anche il brano che Maarten ha scelto dalla scaletta dell’album, introducendolo con aneddoti sulla sua produzione.
Poco prima dello splendido concerto di ieri all’Estragon, siamo riusciti a raggiungere al telefono metà di una delle band che gli ascoltatori della nostra radio amano di più da due decenni: abbiamo parlato, insomma, con Joey Burns dei Calexico, quasi quattro anni dopo la “prima volta”.
La band ha fatto uscire da un paio di mesi l’ultimo disco Algiers, che è stato al centro dell’intervista, dove però non si è parlato solo di musica, ma anche di viaggio e della ricerca di sé, un tema ricorrente nelle nuove composizioni. Insomma, una di quelle chiacchierate davvero speciali, che possono fare emozionare anche il conduttore, tanto da farlo dimenticare di tradurre immediatamente l’introduzione che Burns ha fatto al brano scelto per salutarci: Fortune Teller, scritta nella chiesa abbandonata di New Orleans dove è stato registrato il disco, racconta di persone che cercano una strada, una via d’uscita e qualcuno che li accompagni in questo nuovo percorso. Ci ripetiamo, ma concedeteci l’ennesimo “buon ascolto”.
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