Ci sono dei musicisti per cui la sofferenza è un valore aggiunto qualsiasi, che si indossa e si toglie a piacimento, come fosse una parrucca o un paio di zatteroni. Ce ne sono altri, invece, che vivono il dolore davvero e che usano la musica per comunicarlo, o forse anche per liberarsene un po’.
Sin dal suo esordio Lovetune for Vacuum siamo rimasti colpiti da Anja Franziska Plaschg, una giovanissima musicista austriaca, nota con il nome d’arte di Soap&Skin. Timida e riservata tanto quanto dotata di talento, Anja ha pubblicato successivamente degli ep dolenti e lirici, intensi e a tratti sconvolgenti per la profondità della musica e delle parole. Mantiene queste caratteristiche anche l’ultimo Narrow, un mini album uscito da poco che prosegue un percorso di ricerca complesso e ricco di sfumature.
Sebbene Soap&Skin non conceda molte interviste, siamo riusciti a contattarla al telefono e a parlare con lei della sua musica, dell’uso della voce, dei temi, delle immagini e delle visioni inerenti alla sua arte. Arte, già: è un termine che usiamo con cautela, ma che descrive bene ciò che Anja fa.
Sarebbero dovuti passare da Bologna a febbraio, ma anche i Perturbazione sono stati bloccati dalla neve che ha fatto saltare, in quel mese, diversi concerti. Il live che ripropone, nel decennale dell’uscita, tutto In circolo, si è tenuto al Locomotiv lo scorso 31 marzo.
Durante una puntata speciale di Maps in campagna abbonamenti abbiamo quindi colto i Perturbazione al telefono, mentre varcavano un casello intorno alla città: abbiamo parlato con Gigi, che ci ha raccontato la visione in prospettiva di quel disco, di quegli anni, e ci ha anche anticipato qualcosa sul futuro del gruppo. Insieme all’intervista quel video che affascinò tutti nel 2002…
L’appuntamento della rassegna Murato di marzo è stato un concerto davvero unico: sul palco del Locomotiv Club, infatti, sono saliti gli Akron/Family insieme a Kid Millions, batterista degli Oneida. La band americana ha scelto questa formula solo per l’Italia e il perché ce l’hanno spiegato i tre ragazzi in studio, qualche ora prima del soundcheck.
In realtà questa volta sentirete parlare relativamente poco: i musicisti ospiti di Maps, infatti, hanno sfruttato i nostri studi per sperimentare anche in versione acustica le improvvisazioni che caratterizzano questa unione artistica, che, ci hanno raccontato, verrà suggellata alla fine con una registrazione e un nuovo disco. Qui sotto, quindi, avete la possibilità preziosa di ascoltare il lavoro di tre grandi musicisti in una forma unica e irripetibile: tre canzoni (con i titoli provvisori di “I Came, I Saw”, “Boundless” e “It Just Does”) suonate senza soluzione di continuità. Ancora una volta, buon ascolto!
Di Mauro Remiddi, meglio noto come Porcelain Raft, avete già ascoltato molto e anche noi di Maps vi abbiamo proposto più di una volta i brani dal suo album Strange Weekend, uscito per la Secretly Canadian all’inizio di questo 2012.
In occasione del suo tour italiano, però, abbiamo voluto chiamarlo in diretta e farci raccontare tutto il possibile: dalla strada che l’ha portato al disco, ai suoi spostamenti in giro per il mondo, al suo rapporto con l’Italia, lasciata per Gran Bretagna e Stati Uniti ormai molti anni fa. Mauro è stato davvero disponibile, quindi se vi va di scoprire cosa c’è nel suo lettore mp3 o perché ha scelto la canzone che vi regaliamo per chiudere l’intervista, dovete solo premere play qua sotto…
Uscito il 13 marzo scorso, Double Soul è il primo album “lungo” degli Iori’s Eyes, una band di cui abbiamo già parlato a Maps. I ragazzi, dopo due soli ep, si sono fatti conoscere molto bene nel cosiddetto ambito indie, ma l’album di cui abbiamo parlato con Clod al telefono è un cambio di direzione evidente.
Suoni più cupi e sognanti, un maggiore spessore e una “doppia anima” di cui abbiamo parlato a lungo con il nostro ospite, mentre era in furgone diretto a Roma per un concerto. Clod ci ha anche raccontato della produzione del disco, avvenuta in maniera progressiva e in diversi studi e camere da letto. Buon ascolto!
Qualche giorno fa è venuto a trovarci ancora una volta Dario Brunori e la sua Brunori SAS: l’occasione non è stata solo il live al Locomotiv di quel giovedì sera, ma anche la prima di un film. Il musicista ora senza baffi, infatti, ha firmato la colonna sonora di È nata una star? di Lucio Pellegrini, tratto da un racconto di Nick Hornby.
Il parallelo con Badly Drawn Boy è stato immediato, non solo perché il musicista è stato ospite nei nostri studi mesi fa, ma soprattutto perché anche lui ha firmato la colonna sonora di un film tratto dagli scritti dello scrittore britannico (About a Boy, ve lo ricordate?).
Ma la chiacchierata è stata punteggiata dall’ironia e dal divertimento che proviamo sempre quando Dario viene a Maps: calembour, freddure, leggerezza e una tendenza a non prendersi mai troppo sul serio hanno permeato l’intervista. Ma non vi diamo solo quella: qua sotto, infatti, potete sentire delle versioni acustiche di due brani: “L’asino e il leone” è tratto dalla colonna sonora di cui abbiamo parlato; “Una domenica notte”, invece, arriva direttamente dal secondo disco della Brunori SAS. Buon ascolto!
Uno dei musicisti italiani di cui più si è parlato negli ultimi mesi è venuto a trovarci qualche giorno fa, in occasione del concerto che ha tenuto al Covo quello stesso venerdì 16 marzo. Colapesce, che dopo un fortunato ep è uscito con un album, Un meraviglioso declino, per la 42 Records, ha suonato e chiacchierato nei nostri studi.
Oltre alle domande di rito sulla produzione e la scrittura dell’album, però, abbiamo voluto chiedere a Lorenzo Urciullo (questo il vero nome del musicista siciliano), come intendesse “l’impegno” in relazione alla figura del cantautore. La sua risposta ci ha trovati d’accordo e riflette, sposando l’allusione più che il manifesto, anche alcuni passaggi particolarmente raffinati che si possono trovare nelle liriche delle canzoni. Ecco per voi, quindi, in versione chitarra e voce, tre pezzi del disco e l’intervista con Colapesce.
Il disco d’esordio del quartetto siculo-felsineo Sex Ex è una bella mazzata: chitarre distorte e testi che lasciano poca speranza, come potete constatare voi stessi ascoltando una traccia che vi regaliamo, “Venerdì”. Ma siamo sicuri che questa cupezza prevada davvero i ragazzi?
In occasione della data che la band ha fatto all’Arteria venerdì scorso, abbiamo avuto con noi al telefono Emiliano, che ci ha raccontato storia e influenze della band. Non solo rock, ma anche un modo di fare entrare alcune delle esperienze più d’avanguardia che qualche componente della band pratica da molto tempo. Il punto è che abbiamo riso tantissimo con Emiliano al telefono: sarà che l’abbiamo colto nella splendida Sardegna in una giornata di sole, ma solo con i primi suoni della bella traccia che qua vi regaliamo siamo ripiombati nelle atmosfere non di certo luminose di questo interessante esordio. Che ne pensate voi, o ascoltatori di Maps?
Amano suonare nella nostra trasmissione, e ce lo ripetono sempre, ogni volta che li vediamo o sentiamo. Potete quindi immaginare quando Massimo Martellotta, Enrico Gabrielli, Fabio Rondanini e Luca Cavina hanno visto i nuovi studi nei quali ci siamo trasferiti da un po’: non vedevano l’ora di inaugurarli con un live set infuocato!
La formula che abbiamo adottato con i Calibro 35 questa volta è stata un po’ diversa: i ragazzi, infatti, ci hanno suonato due pezzi uno dopo l’altro, intervallando l’esecuzione del terzo con delle chiacchiere. Al centro della scaletta e dell’intervista c’è ovviamente l’ultimo disco, quel Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale di cui abbiamo parlato già con la band quando uscì. Godetevi tutto, insomma. Già sappiamo che questo live e il concerto che venerdì i Calibro hanno tenuto al TPO ce li ricorderemo per un pezzo…
Ha fatto canzoni che avrebbero potuto cambiare il corso della musica per sempre, quando aveva 20 anni. Gil Scott-Heron è stato infatti uno dei personaggi più significativi della cultura black degli anni settanta e ottanta: poeta, autore spoken word, scrittore e musicista, è stato considerato come uno dei padri fondatori della musica rap e sostenitore dei diritti e delle lotte della popolazione afro-americana negli anni in cui le morti di Kennedy, Malcolm X e Martin Luther King sembravano aver spento ogni sorta di ottimismo.
Antonio Bacciocchi (musicista, produttore discografico e scrittore) in questa intervista ci parla del poeta soul-jazz e del suo libro Gil Scott-Heron: The Bluesologist, pubblicato da Vololibero Edizioni.
Tra biografia e discografia essenziale, tra vizi e virtù del grande Heron, parliamo con Antonio di come, nonostante le liriche pure, semplici e di grande impatto, Gil Scott-Heron sia stato spesso frainteso e malinterpretato, del suo periodo oscuro, dei suoi rapporti con il collaboratore ed amico Brian Jackson e dei suoi due capolavori: Pieces Of A Man eI’m New Here, di cui vi regaliamo la title-track.
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