L’ospite di Gods Of Mainstream di questa settimana è l’inglese Robbie Williams, ex “ballerino grasso” dei Take That e oggi autore di una fortunata carriera solista.
Fortunata anche perchè suoi brani, come Angels, sono stati messi al primo posto come colonne sonore ideali per cerimonie funebri e nuziali. Ci siamo quindi chiesti come sia possibile che un matrimonio possa trasformarsi in funerale, e come mai il povero Robbie non riesca a sfondare nel mercato discografico americano, nonostante tutti i suoi sforzi.
Che sia colpa dello humor inglese o dei suoi continui spogliarelli in pubblico alla Rock Dj? Forse è perchè non è bello quanto Justin Timberlake? Ancora una volta non conosciamo le risposte a queste angosciose domande. Comunque sia a noi Robbie ce fa tanto ride (sempre in senso buono, ovviamente) e per questo motivo vi regaliamo un video live della sua canzone Lovelight e un podcast, per poterlo conoscere meglio e più intimamente assieme a me e Francesco.
Non sarebbe male, quello del titolo, come nome per una vendicatrice à laTarantino, non trovate? E invece non parliamo di cinema, ma di due band che, in qualche modo, hanno deciso di congiungersi. I due membri superstiti dei Jennifer Gentle, qualche mese fa, hanno infatti chiesto alla sezione ritmica dei Verdena di unirsi a loro, per una serie di date che continuano ancora oggi.
L’amicizia comune, la condivisione di palchi e la stima reciproca hanno fatto sì che questo incontro fosse fruttuoso e divertente, come ci spiega Marco dei Jennifer Gentle… che si lascia sfuggire anche qualcosa sul nuovo disco della band!
Mattia, questo il suo vero nome, è venuto a trovarci un freddo e grigio lunedì e in pochi secondi ha colorato il nostro studio con le note del suo album di debutto, in bilico tra folk, melodie autunnali e qualche spunto bossa.
Ci siamo fatti raccontare la genesi dell’album e i possibili sviluppi futuri del suo progetto che, forse, si sposteranno da una chitarra a un pianoforte.
Dopo aver incontrato via telefono la mia compare di stage LaFagotta, ed aver litigato con Francesco per il fatto che mi tratta male e non mi paga nemmeno, ho iniziato Gods Of Mainstream con più gioia e più gaudio, pronta per accogliere un uomo che non ha alcun bisogno di fare lo stagista, ovvero Jay-Z .
Il nostro Jay, meglio noto come il marito della splendida e da me idolatrata Beyoncé, si è dato da fare nella vita. Cresciuto nel quartiere di Brooklyn, a New York City, non ha perso tempo: fin da piccolissimo inizia a rappare e nel 1996 fa uscire il suo primo album (per poi farne altri sei o sette).
Ma questo non basta a Jayone: come ormai ben saprete, cari ascoltatori della mia rubrica, è molto raro che un cantante faccia solo il cantante nel meraviglioso mondo del Mainstream. Per Jay-Z infatti cantare sembra essere più che altro un hobby secondario dato che gestisce una catena di hotel, ha una sua linea di moda (dove il prodotto di punta sono sicuramente le mutande) è co-proprietario di una squadra di basket e bazzica in due diverse etichette discografiche (essere presidente della Def Jam non deve far schifo a nessuno!).
Però non fatevi ingannare: nonostante tutti i milioni di dollari che guadagna, è ancora Jay from the block (sì, un giorno parleremo anche di Jennifer Lopez, promesso) e così nel suo nuovo album dedica una canzone interamente alla sua New York, cioè Empire State Of Mind, che ci andiamo a vedere. E se volete risentire le nostre stupidaggini su Jay è anche pronto finalmente il podcast! Grazie Radiomaps!
Dopo aver ospitato Corrado e Jukka in mille occasioni per raccontare le tantissime iniziative che mettono in campo è stato un vero piacere ospitare la band in cui suonano al completo, ovvero i Giardini di Mirò.
Si è parlato principalmente di musica, di testi, di cosa vuole dire essere una band che ha dieci anni assieme alle spalle, di come si cambia nel tempo e di come si affrontano i progetti in maniera diversa. Abbiamo chiacchierato de Il Fuoco e di come ogni data di questo nuovo tour è divisa in due parti, canzoni vecchie e nuove della band e sonorizzazione del film.
I ragazzi ci hanno fatto un vero regalo, preparando un set variegato con chitarre, batteria, violino, flauto, percussioni, ma soprattutto facendoci sentire due brani nuovi, completamente inediti, tant’è che non hanno nemmeno un titolo.
I Black Lips sono passati nei nostri studi come un tornado: una ventina di minuti e tre canzoni di cui una inedita! A rappresentare la band di Atlanta il batterista e cantante Joe (qui con la chitarra) e il chitarrista Ian. Gli altri due in furgone a dormire qualche ora, dopo il devasto della sera prima!
Prima del concerto sold-out al Covo i due hanno fatto in tempo a raccontarci assurde collaborazioni con GZA del Wu-Tang Clan, il tour conclusosi in fretta in India, la presunta bagarre con Wavves e la voglia di ritornare nel paese a forma di stivale (per il cibo e le ragazze).
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